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Cantare è pregare

Monaci pregano cantando

Il canto è uno dei modi più belli per rendere lode a Dio. Lo esprime bene S. Agostino che diceva: “Chi canta, prega due volte”. Il canto, nella Liturgia, è un elemento fondamentale e, se ben integrato, contribuisce a far si che il culto liturgico verso Dio sia veramente edificante per tutti i partecipanti.
Alcune considerazioni, sono però, importanti. Prima di tutto, se cantare è pregare, allora bisogna mettersi nella disposizione d’animo di chi cerca il dialogo con Dio: è necessario, dunque, accantonare personalismi, rivalità, spirito di sopraffazione, rancori personali perché non succeda che “cantiamo” noi stessi e le nostre miserie invece che vere lodi a Dio. Inoltre, il canto deve essere orientato verso la Liturgia e non verso le inclinazioni personali: i canti devono essere scelti con cura e “accordati” con quello che la Liturgia esprime in quel momento (in Quaresima i canti devono essere penitenziali, a Pasqua devono esprimere la gioia della Resurrezione, etc.) e, ancora, devono essere in accordo con i vari momenti dell’azione liturgica (ad esempio, non possono essere cantati canti offertoriali all’ingresso o viceversa). Infine, l’esecuzione del canto deve essere preparata con attenzione: nessuna improvvisazione ma prove accurate perché sia possibile presentare a Dio la ricchezza dei talenti che Lui ci ha donato moltiplicata dalla nostra cura affettuosa.
Per tutti questi aspetti, sarebbe auspicabile che i cori parrocchiali avessero un sacerdote, un religioso, un diacono o un catechista che li potesse seguire anche spiritualmente. Cantare per Dio è una gioia e noi dovremmo farlo con lo stesso amore del beato Pier Giorgio Frassati, di cui molti ricordavano la voce non proprio intonata ma, soprattutto, il forte desiderio di cantare per il suo Signore ogni volta che gli era possibile.

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